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La Leadership di chi è capace di mettersi in gioco – di Luca Giustiniano

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Stili | Sviluppo Leadership

di Luca Giustiniano – Ordinario di Organizzazione aziendale e Direttore del Clio (Center for Research in Leadership, Innovation and Organization) alla Luiss

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Nel suo commento sul Sole 24 Ore dello scorso 24 aprile Fabio Pompei ha tracciato con lucidità la necessità di costruire una leadership resiliente, invitandoci a ripensare al nostro modo di agire come cittadini, lavoratori e decisori. Un nuovo modo di essere che richiede di risolvere esigenze contrastanti tra loro: razionalità verso empatia, difesa della mission verso esplorazione del nuovo, controllo del presente verso lungimiranza. Il filo conduttore di questa leadership resiliente è dunque la capacità di bilanciare risposte a istanze apparentemente agli antipodi, ma che emergono come simultanee in periodi a elevata ambiguità e incertezza.

Leadership resiliente: una candida utopia? Non necessariamente.

In termini manageriali, leadership e resilienza sono capacità individuali e collettive che possono essere acquisite, ma sicuramente non possono essere infuse, insegnate o progettate seguendo schemi tradizionali. Possono però essere stimolate, e apprese, per sensibilizzazione. Tuttavia richiedono la capacità dell’individuo di mettersi in gioco e porsi delle domande, prima di formulare delle risposte. Due concetti che, sempre più si sono fatti strada nel dibattito manageriale fino a essere troppo spesso associati solo a condizioni di crisi o di forte stress. Ma, per provare a capire meglio che così non è proviamo a scomporre il concetto di leadership resiliente.

Leadership significa avere un seguito, a prescindere dalle attribuzioni formali. Esistono decine di teorie che provano a spiegare come e perché questa leadership prenda forma. Tali teorie spiegano che esistono diversi modi per conquistare la leadership: fiducia che si riesce a infondere negli altri, competenza tecnico-professionale, carisma, capacità di mettersi a servizio degli altri. Ma l’efficacia della leadership dipende anche dalle condizioni, interne ed esterne, in cui questa viene agita e dai diversi stili di leadership adottati. Non c’è una formula magica che valga per tutte le stagioni. Affinché ciò sia possibile, per dirla con il generale Stanley McChrystal (autore di Teams of Teams: New Rules of Engagement for a Complex World), i leader devono abbandonare la tentazione di sentirsi maestri di scacchi, considerando i propri collaboratori come pedine da muovere su una scacchiera, e comportarsi piuttosto come giardinieri, ossia fare di tutto per creare le condizioni abilitanti (enabler) per far sì che purpose e fiducia forgino team e organizzazioni.

La resilienza, dal latino resilire, è invece un termine che assume diversi significati a seconda del contesto in cui viene usato. La resilienza manageriale connota le capacità di assorbire gli shock esterni e di imparare da essi, mentre allo stesso tempo ci si prepara a rispondere a quelli che verranno. La resilienza manageriale presenta pertanto due componenti: adattativa e reattiva. Due componenti che sembrano essere anch’esse agli antipodi: adattarsi per sopravvivere e reagire immaginando un nuovo futuro. I fattori di rischio possono distruggere, ma dove non lo fanno, la resilienza può essere stimolata.

Per ottenere la leadership resiliente, e sanare l’apparente contraddizione tra adattamento e reazione, occorre aggiungere un ulteriore elemento: l’apprendimento. Per sopravvivere e prosperare, le istituzioni, le imprese e le altre organizzazioni devono trasformare i fattori di stress, le crisi e gli shock in soluzioni nuove e sostenibili. A tenere assieme le componenti adattive e reattive della resilienza è pertanto la capacità di imparare a imparare, che significa superare le barriere e gli ostacoli “contro” il fare cose nuove e abbracciare la sperimentazione al fuori dalle proprie comfort zone. Imparare a imparare significa quindi alimentare il proprio dubbio generativo, ossia chiedersi: «Perché faccio questa cosa? A cosa può servire questa qualità che non sapevo di avere?».

Paradossalmente, il Covid-19 ci sta fornendo in questi giorni di lockdown innumerevoli occasioni per esercitare il nostro dubbio generativo e alimentare la nostra capacità di imparare a imparare.

La strana condizione che stiamo vivendo ci deve portare a vivere in maniera più consapevole ogni momento della nostra esistenza. Interrogarsi sull’utilità di certe routine e schemi mentali a cui eravamo abituati e capire cosa eliminare e razionalizzare. Per costruire il nuovo che verrà occorre pertanto distruggere l’inutile che consideravamo e far tesoro delle energie impensate che ogni giorno stiamo scoprendo.