Che imprenditore digitale sei?
Tutti i dati che quotidianamente leggiamo relativamente allo stato della transizione digitale delle aziende ci fanno capire che qualcosa si muove, ma non basta. Durante la pandemia le tecnologie digitali sono state un’àncora di salvezza per le piccole e medie imprese, una spinta obbligata per garantire l’operatività e sostenere il fatturato in tempi difficili.
Ma quante hanno saputo trasformare una situazione d’emergenza in un cambiamento strutturale?
A quanto pare ancora poche aziende sono riuscite a fare un vero salto culturale che dovrebbe riguarda oltre che gli investimenti in tecnologie hardware e software, anche le procedure interne, la relazione con fornitori, clienti, banche, Pubblica amministrazione e infine i prodotti e i servizi offerti. Tutto questo deve avvenire all’interno di una visione strategica, con competenze e ruoli aziendali dedicati.
Le imprese devono comprendere che la digitalizzazione è un asset strategico e una leva per la competitività. I dividendi della transizione sono allettanti. Secondo l’Osservatorio le Pmi più mature dal punto di vista digitale mettono a segno risultati finanziari migliori: l’utile netto cresce del 28% in più, il margine di profitto del 18%, il valore aggiunto dell’11%
Incrociando le osservazioni di Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione digitale delle Pmi del Politecnico di Milano con le tipologie d’imprese che quotidianamente incontriamo possiamo classificare gli imprenditori in ambito digital in:
ANALOGICI: Mostrano un livello ridotto per tutte le dimensioni considerate: digitalizzazione dei processi intorno ad uno strumento, visione strategica e adeguamento delle competenze
TIMIDI: Hanno iniziato a digitalizzare alcuni processi, nella maggior parte dei casi in risposta a un obbligo normativo (come la fatturazione elettronica) o a uno stimolo esterno (come standard imposto a clienti/fornitori o il Covid). La visione strategica e la cultura digitale sono però ancora scarse
CONVINTI: Hanno cominciato a rivedere parte dei processi aziendali alla luce delle tecnologie digitali, la visione è strategica, ma le competenze restano carenti
EVOLUTI: Sono le imprese che hanno strutturato i loro processi intorno agli strumenti e alle potenzialità del digitale, con un buon livello di competenze. E guarda caso sono anche quelle più aperte al mercato globale
A parte gli “evoluti” si evidenzia che la nota dolente è relativa soprattutto al capitale umano, con livelli molto bassi di competenze. Emerge quello che viene definito gap delle competenze, mancano spesso, le risorse umane capaci di gestire processi e risorse digitali. Il gap non necessariamente si colma inserendo ex-novo nuove risorse, spesso si può procedere riqualificando le competenze interne.
Quali sono allora i passaggi per salire nella “scala evolutiva” dell’impresa digitale? Sicuramente ridisegnare e semplificare i processi individuando gli attuali colli di bottiglia che la digitalizzazione può aiutare a superare, in secondo luogo occorre assicurarsi che le risorse umane siano capaci di supportare il cambiamento in termini di utilizzo delle tecnologie ma anche soprattutto come scatto mentale di accettazione dell’evoluzione aziendale.
Per compiere questo salto occorrono investimenti, pianificati in modo diverso a seconda dei settori, ed è consigliabile avere figure di riferimento competenti, come il digital o l’innovation manager.
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